Riconoscere un ricatto morale non è un compito facile, poiché, la maggior parte delle volte, coloro che hanno a che fare con esso non interpretano in maniera corretta i segnali provenienti dalla persona che li invia, considerando questi particolari atteggiamenti come frutto di un carattere burbero, scontroso o poco conciliante. Colleghi di lavoro, genitori, amici e perfino partner, possono essere dei subdoli ricattatori che, in maniera diretta o indiretta, manipolano e trattano gli altri come burattini, al fine di ottenere ciò che vogliono o alimentare la loro necessità di “comandare”.
Le critiche costruttive possono essere un modo molto efficace per migliorare gli altri; viceversa le critiche distruttive rappresentano uno dei comportamenti umani più dannosi in assoluto. Le critiche distruttive, infatti, intaccano l’autostima delle persone che le subiscono, rovinando l’immagine che esse hanno di loro stesse e deteriorandone la performance individuale, qualsiasi sia l’ambito della critica.
Le offese gratuite sul web stanno diventando una vera e propria piaga sociale. Internet è uno strumento straordinario: sicuramente una delle più grandi invenzioni per l’umanità. Grazie al web riusciamo ad abbattere le distanze: le persone comunicano e si sentono più vicine, anche se fisicamente sono molto distanti.
Oggi voglio parlarti di come affrontare i tuoi genitori se anche loro appartengono alla categoria dei genitori che criticano e sminuiscono sempre i figli. Spesso la miglior soluzione per reagire alle critiche di qualcuno è quella di prenderne le distanze. Questo, però, potrebbe non essere possibile nel caso in cui gli ipercritici della situazione siano i genitori: molti ragazzi, infatti, dipendendo economicamente dai propri genitori, non possono allontanarsi dal tetto familiare.
Gli stili di leadership identificano modi differenti di esercitare la propria influenza sugli altri. Non esiste una formula preconfezionata per esprimere la propria leadership, dal momento che sono numerose le sfumature comportamentali e d’ispirazione all’azione che caratterizzano i leader.
Mantenere le giuste distanze dagli altri rappresenta una necessità per trovare un equilibrio interiore ed emotivo tra l’esigenza di autonomia personale e quella di costruire relazioni e legami.
Empatia e compassione non andrebbero mai confuse: anche se apparentemente simili, c’è una profonda differenza tra le due. Come ci suggerisce il vocabolario Treccani, l’empatia è la “capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato, prevalentemente senza ricorso alla comunicazione verbale”; mentre la compassione è il “sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i suoi difetti”.
La prima impressione è una sorta di fermo immagine in grado di catturare importanti elementi di chi abbiamo di fronte. Si tratta di un giudizio immediato che può essere maturato anche soltanto con un’occhiata – quindi in tempi brevissimi – e nasce in modo automatico: consapevoli o meno, siamo inevitabilmente influenzati dall’abbigliamento, dai tratti del volto, dalle forme del corpo e dalla postura di chi osserviamo.
La comunicazione non verbale è un linguaggio silenzioso che sta alla base delle relazioni umane: il 93% delle informazioni che ci arrivano da un’interazione passa proprio attraverso la comunicazione non verbale, mentre il restante 7% è rappresentato dalle parole.
Spesso pronunciamo parole senza rendercene conto, interrompendoci soltanto di rado a riflettere con maggiore attenzione su quanto detto. Pensieri, idee, opinioni, giudizi, valutazioni, credenze e constatazioni talvolta ci escono dalla bocca senza che prestiamo sufficiente attenzione agli eventuali danni o vantaggi che i nostri discorsi potrebbero produrre.
C’è una grande differenza tra udire, ovvero il ricevere semplicemente un suono, e ascoltare realmente, che è l’arte di prestare una profonda attenzione a ciò che si ode affinché la mente possa comprendere il contenuto del messaggio ricevuto.